“Mi chiamo Ihsane, ho 26 anni e vivo in Italia da 20…” Il racconto di questa ragazza di origini marocchine si aggiunge alla nostra rubrica sui cittadini di “serie B”, tutti quei ragazzi che sono nati o cresciuti nel nostro Paese e a cui l’Italia, ancora, non ha riconosciuto la cittadinanza. Insomma, gli immigrati di seconda generazione.”Quando mi chiedono: “Ti senti più marocchina o italiana?” ho una sola risposta: mi sento Ishane, una ragazza che vive a Reggio Emilia, che ha fatto un determinato percorso di studi e realizzato dei progetti in Italia. La mia identità per forza deve essere complessa, non può essere o bianco o nero. E’ un tutto che deve essere accettato così com’è”. Perchè, ovviamente, una cosa non esclude l’altra, anzi: conoscere più culture non può che essere considerato un valore aggiunto.
Ishane ha un permesso di soggiorno permanente che le permette di vivere in modo del tutto regolare in Italia. Quello che le manca, però, è la cittadinanza. Nonostante il percorso, gli studi e il lavoro, ancora non è riuscita a ottenerla, ancora l’Italia non l’ha riconosciuta come una sua cittadina. “Studio alla facoltà di Giurisprudenza, sono un ex operatore di accoglienza per i richiedenti asilo”, racconta a Tv2000. “Ho presentato la domanda di cittadinanza nel 2014 con mia mamma. Lei l’anno dopo l’ha ottenuta, io non ho ricevuto alcuna risposta. Dopo un altro anno sono andata a informarmi in prefettura, e mi dissero che la richiesta era ferma perchè non avevo il reddito sufficiente. Ho tentato di spiegare che sono una studentessa, e loro mi hanno risposto: “Era meglio se andavi a lavorare”. Sono rimasta sbigottita e me ne sono andata”.
Sono passati molti anni, ma da quel momento è rimasto tutto uguale. “Nel momento in cui il padre o la madre ottiene la cittadinanza, e il figlio ha compiuto i 18 anni, non ha più diritto di ottenerla tramite loro, ma deve fare la richiesta a suo nome. Mi sono sempre chiesta perchè: con la maggiore età non sono più figlia dei miei genitori per caso?”. Come sappiamo bene ottenerla non è affatto semplice. Al compimento dei 18 anni si ha un anno di tempo per presentare i documenti, poi lo Stato ha a disposizione altri 3 anni per analizzarli. “Io ho un permesso di soggiorno permanente, non ha una data di scadenza. Tu, Stato, mi permetti di restare nel Paese quanto voglio e costruirmi un futuro qua, ma poi non mi permetti di votare, di accedere per esempio a ruoli all’interno delle amministrazioni comunali, visto che per presentarsi è necessaria la cittadinanza. Questo è il problema: a prescindere dalla destra e dalla sinistra, in generale, non c’è la volontà di fare un passo in più“, sottolinea.
Il mancato ottenimento della cittadinanza può portare anche a seri squilibri psicologici: nasci e cresci in un Paese, perchè questo non dovrebbe riconoscerti come suo cittadino? “Ho iniziato a riflettere sulla mia identità e da lì, ho iniziato a collaborare con degli attivisti che si occupano di diritti per la cittadinanza. Sono partita con degli articoli, e ho proseguito con dei progetti teatrali e nelle scuole”. Secondo Ishane l’essere formati da più culture non è altro che un ricchezza, un dono che lo Stato, tra l’altro, sfrutta, ma non riconosce. I figli di migranti, infatti, vengono “usati” come mediatori con e da i genitori, perchè hanno un background culturale e linguistico più ampio. “Noi seconde generazioni siamo costrette a dimostrare continuamente il nostro potenziale, perchè solo in rari casi viene riconosciuto”, ammette.
“Io mi sento italiana: sono qua da quando sono piccola, ho fatto il mio percorso di studi qua. I miei amici sono qui, ho la mia vita qua e spero di creare qui la mia famiglia. Di conseguenza mi sembra davvero ovvio che io mi senta italiana. Sono sicura che, facendo ricorso per la cittadinza, lo vincerei. Il problema è che bisogna rimetterci dei soldi, e questa sarebbe una contraddizione: se secondo lo Stato non sono abbastanza ricca per ricevere la cittadinanza, come potrei fare ricorso? E invece ci riuscirei. Il fatto è che per quanto io sia convinta di vincere, non ne ho la certezza.”
Secondo Ishane le seconde generazioni non hanno necessità di essere integrate, assimilate. Semplicemente, devono essere riconosciute per quello che sono. “Io mi devo assimilare alla società per essere accettata? No. Io posso essere integrata all’interno della società senza bisogno di essere uguale a un cittadino italiano. Quali sono le caratteristiche di un cittadino italiano? Secondo me, credere nei 12 principi fondamentali della Costituzione. Chiunque possa pensare di applicare questi principi è italiano. Non c’è bisogno di fare distinzioni di colore, e le nuove generazioni non hanno bisogno di essere integrate: lo sono già. Più che altro, secondo me, sono gli adulti che devono integrasi nella società di adesso che è diversa da quella di prima. Tu, adulto, devi cercare di capire che il mondo cambia, che non è quello che era prima. Le nuove generazioni, sanno di essere multiculturali: ce l’hanno nel sangue. “Per questo, ammette, le fa ridere la parola integrazione quando si parla di seconde generazioni.