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Cittadini di serie B, la storia di Clara: “Sono cresciuta qui, mi sono laureata qui, ma aspetto la cittadinanza da tre anni”

Roma, 27 settembre 2021 – La storia di Clara conferma, ancora una volta, che in Italia esistano dei cittadini di serie B: sono i figli di immigrati, giovani cresciuti nel nostro Paese che, tuttavia, non si vedono riconoscere la cittadinanza. E le cause sono sempre le stesse: una burocrazia troppo complessa e una legge che definire arcaica ormai è solamente riduttivo.

Cittadini di serie B, la storia di Clara

“Il nostro Paese rischia di perdere molti dei suoi giovani e di voltare le spalle a chi per età, esperienza e ambizione potrebbe essere il motore del suo futuro”, racconta Clara Osma a Repubblica ripercorrendo passo dopo passo la sua storia. Nata in Italia 22 anni fa da genitori albanesi, Clara è dovuta tornare nel suo Paese di origine quando aveva solamente pochi mesi. Suo padre e sua madre, arrivati da Valona alle coste pugliesi su un gommone, infatti, decidono di far crescere la bambina dai nonni. Erano irregolari, lavoravano tutto il giorno come braccianti nelle campagne e avevano poco tempo da dedicarle. Solamente tre anni dopo, però, Clara torna tra le braccia dei suoi genitori e qui incomincia il suo percorso scolastico. Cresce, studia, si laurea all’università di Macerata in mediazione linguistica. Ha svolto un’esperienza Erasmus, imparato cinque lingue diverse. Oggi, poi, vive tra la Puglia e Berlino. Vorrebbe continuare a studiare, iniziare a lavorare per un’Organizzazione non governativa. I suoi sogni, però, sono bloccati perché, nonostante tutto, ancora non è riuscita a ottenere la cittadinanza italiana.

“Non ho un pezzo di carta valido per lavorare all’estero”, spiega Clara. E questo proprio a causa degli anni vissuti in Albania, che hanno spezzato quella “residenza in Italia ininterrotta” fino ai 18 che permette ai figli di immigrati di ricevere la cittadinanza una volta raggiunta la maggiore età. Tra l’altro questo non è tutto: “Io mi chiamo Clara con la C, ma sul passaporto albanese sono stata registrata con la K. Questo mi ha obbligato a una serie di giri tra uffici, da Bari a Tirana, che ha fatto slittare la mia domanda di cittadinanza italiana dal 2018 al settembre 2019. Ora sono in attesa dei lunghi tempi burocratici della pratica”. E chissà per quanto tempo dovrà aspettare. “Io sono nata, cresciuta e mi sono formata in Italia. Sono italiana. Certo non rinnego la mia dualità, la mia origine anche albanese, ma questo nulla toglie alla mia italianità. Credo che sia davvero arrivato il tempo di uno ius culturae per il nostro Paese, per riconoscere il percorso formativo di tanti ragazzi che ben conoscono la cultura e la storia d’Italia”.

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